tratto dal libro <Tensegrità > di Carlos Castaneda

Secondo quanto insegnato da don Juan ai suoi discepoli, la Ricapitolazione era una tecnica scoperta dagli sciamani dell’antico Messico e usata in seguito da tutti gli stregoni praticanti per vedere e rivivere le esperienze della loro vita, al fine di ottenere due obiettivi trascendentali: quello astratto del rispetto di un codice universale che richiede che la consapevolezza sia abbandonata al momento della morte, e quello estremamente pragmatico di acquisire la fluidità percettiva.
Don Juan dichiarò che la formulazione del loro primo obiettivo era il risultato delle osservazioni che quegli stregoni compivano grazie alla loro capacità di vedere direttamente l‘energia che scorre nell’universo.
Essi avevano visto che nell’universo esiste una forza gigantesca, un immenso conglomerato di campi di energia che chiamavano I ‘Aquila, o il mare oscuro della consapevolezza; scoprirono inoltre che tale mare oscuro della consapevolezza è la forza che presta la consapevolezza a tutti gli esseri viventi, dai virus agli uomini, e dona la consapevolezza a ogni neonato, che la amplia poi per mezzo delle sue esperienze di vita fino al momento in cui questa stessa forza non ne pretende il ritorno. Secondo questi stregoni, tutti gli esseri viventi muoiono perché sono costretti a restituire la consapevolezza che è stata prestata loro.
Nel corso dei secoli gli sciamani hanno capito che quello che I ‘uomo moderno definisce “pensiero lineare” non è in grado di spiegare un simile fenomeno, dato che non c’è spazio per una linea di ragionamento causa-ed-effetto che spieghi come e perché la consapevolezza viene data e poi ripresa. Gli stregoni dell’antico Messico lo ritenevano un fatto energetico dell’universo, un evento che non può essere spiegato in termini di causa ed effetto, o come un obiettivo che potrebbe essere determinato a priori. Gli stregoni del lignaggio di don Juan credevano che ricapitolare significasse dare al mare oscuro della consapevolezza ciò che esso cercava, e cioè le loro esperienze di vita. Grazie alla ricapitolazione essi ritenevano di poter acquisire un grado di controllo grazie al quale potevano separare le loro esperienze di vita dalla loro forza vitale, che ritenevano non fossero congiunte in maniera inestricabile ma fossero unite solo in modo secondario.
Questi stregoni affermavano che il mare oscuro della consapevolezza non vuole prendersi la vita degli esseri umani, ma solo le loro esperienze di vita. La mancanza di disciplina degli esseri umani impedisce loro di separare le due forze e alla fine essi perdono la vita, mentre invece dovrebbero rinunciare solo alle loro esperienze di vita.
Gli sciamani valutavano la ricapitolazione come la procedura grazie alla quale potevano dare al mare oscuro della consapevolezza qualcosa in cambio della loro stessa vita: rinunciavano alle esperienze della loro esistenza raccontandole ma conservavano la loro forza vitale. Quando venivano esaminate secondo i termini dei concetti lineari del nostro mondo occidentale, le rivendicazioni percettive degli stregoni non avevano alcun senso.
La civiltà occidentale è stata in contatto con gli sciamani del Nuovo Mondo per cinquecento anni, e in tutto questo tempo gli scienziati non hanno mai provato seriamente a formulare un discorso filosofico basato sulle affermazioni fatte dagli stregoni. Per esempio, a qualunque individuo del mondo occidentale la ricapitolazione può apparire in qualche modo legata alla psicanalisi, una sorta di procedura psicologica o tecnica di self-help. E invece non c’è nulla di più lontano dalla verità.
Secondo don Juan Matus, l‘uomo perde sempre per abbandono: nel caso delle premesse della stregoneria, l‘uomo occidentale sta perdendo una notevole opportunità per l‘ampliamento della sua consapevolezza non comprendendo che il modo in cui si mette in relazione con l’universo, la vita e la consapevolezza è solo una tra le tante opzioni.
Per i praticanti sciamani, ricapitolare significava fornire a una forza incomprensibile, il mare oscuro della consapevolezza, ciò che essa desiderava, e cioè le loro esperienze di vita, in pratica la consapevolezza che avevano ampliato grazie a tali esperienze.
Poiché don Juan non era in grado di spiegarmi questi fenomeni nei termini della logica standard, mi disse che tutto ciò che gli stregoni potevano augurarsi di fare era ottenere il loro scopo e mantenere la loro forza vitale senza sapere come ciò avveniva. Disse inoltre che migliaia di stregoni erano riusciti a farlo, conservando la loro forza vitale dopo aver ceduto al mare oscuro della consapevolezza la forza delle loro esperienze di vita.
Per don Juan questo significava che quegli stregoni non morivano nel solito modo in cui noi intendiamo la morte, ma trascendevano trattenendo la loro forza vitale e svanendo dalla faccia della terra, imbarcandosi in un viaggio definitivo di percezione.
Gli sciamani del lignaggio di don Juan credevano che quando la morte avviene secondo queste modalità, tutto il nostro essere si trasforma in un tipo speciale di energia che conserva il marchio della nostra individualità.
Don Juan cercò di spiegare tale concetto in senso metaforico, dicendo che siamo composti da molte singole nazioni: la nazione dei polmoni, la nazione del cuore, la nazione dello stomaco, quella dei reni e via di seguito. Ognuna di queste nazioni a volte lavora in maniera indipendente dalle altre, ma al momento della morte tutte loro vengono unite in una singola unità.
Gli stregoni del lignaggio di don Juan chiamavano questo stato libertà totale: per loro la morte unifica e non annienta, come ritengono invece le persone normali.
“Questo stato è dunque l’immortalità?” chiesi. “Non lo è affatto”, mi rispose lui. “E semplicemente l’entrata in un processo evolutivo, ricorrendo all’unico strumento per I’ evoluzione che I’ uomo ha a disposizione, cioè la consapevolezza.
Gli stregoni del mio lignaggio erano convinti che I ‘uomo non potesse più evolversi dal punto di vista biologico; di conseguenza, ritenevano che la sua consapevolezza fosse I’ unico mezzo per evolversi. Al momento di morire gli stregoni non vengono annullati dalla morte, ma si trasformano invece in esseri inorganici, che possiedono la consapevolezza ma sono privi di un organismo.
La trasformazione in esseri inorganici era per loro una forma di evoluzione e voleva dire che avevano ottenuto un nuovo e indescrivibile tipo di consapevolezza che sarebbe durata per milioni di anni ma che un giorno o I’ altro avrebbero comunque dovuto restituire al donatore, il mare oscuro della consapevolezza”.
photo by Jole Bertoli Molteterre